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sulla maternita'

Sono arrivata tardi o forse troppo presto.

Tardi, o forse presto, su una serie di cose: il sentire di avere un'identità precisa, e quindi ritenerla superflua, incarnare la visione femminista scegliendola e non solo ereditarla come un giusto debito, sentirmi unita, unica nonostante la possibilità di essere connessa.

Sono arrivata tardi, o forse troppo presto, nel sentirmi libera davvero, poter scegliere con più consapevolezza, fuori dagli agiti e a lato dei copioni familiari. Tardi, o forse presto, per vivere un po' più distante dal bisogno di risarcimento, dal bisogno di essere compiuta, secondo le aspettative altrui.


Il mio corpo oggi è testimone della fatica di questo tempo, che sia esso troppo tardi o troppo presto, della soppressione e dell’oppressione.

Oggi lui è libero di manifestare il dolore che gli è stato inflitto, lo manifesta autenticamente, consegna alla pelle il disegno del suo disappunto. Quando lo capirò davvero sarà troppo tardi, o forse troppo presto.



Mi interrogo sul materno da sempre. Anche questo sempre arriva fuori tempo.

Nel mio sempre di oggi riprendo in mano Parole madri. Ritratti di femministe: narrazioni e visioni sul materno di Monica Lanfranco.

Un'amica sta preparando un paper per un libro corale, si confronta con me e mi dona l'occasione di tornare su questo prezioso testo, fisso alcune parole che risuonano forti, come fossero mie.


"... non sono rimasta incinta e non me ne dispiace, anche perché il mio è un istinto materno diffuso, non orientato al possesso di un bambino o di una bambina miei. Mi sono creata una famiglia allargata: mia nipote i bambini delle mie amiche, e poi gli animali, le piante, che mi restituiscono il senso di un materno diffuso. Eccomi zia, Dunque: con tutto il bello del materno senza le angosce dirette della responsabilità generativa ". Grazia Francescato.


" è la nostra storia, la nostra cultura a insegnarcelo: i rapporti biologici sono stati sempre fallimentari per le donne, perché le hanno costrette dentro a ruoli che sono diventati prigioni per il loro sesso. Per costruire un legame che sia in grado di produrre il passaggio di memoria è necessario andare oltre la propria realtà fisica e sessuale". Ida Magli.


"... ma che invece siamo più brave quanto più assomigliamo a noi stesse: cioè donne e non uomini, sapendo di appartenere a questa parte del mondo e non all'altra" Lidia Ravera.


"... così le numerose madri dei Gracchi, forse oggi meno fastidiose per l'immaginario maschile di dipendenza ... e gli uomini da parte loro dovranno imparare ad amare prima o poi donne che non vivranno in funzione dei loro bisogni, spirituali o materiali che siano. Ma questo è un argomento che riguarda la loro dipendenza, non la nostra". Marina Valcarenghi.


"La coscienza di non poter, comunque nemmeno in potenza, diventare madre mi ha costretto ancor di più a scavare in me stessa fino al fondo del mio essere, ed è lì che ho capito dove nasceva il dramma: la società in cui nasciamo e cresciamo costruisce, forse anche in parte inconsapevolmente, le femmine perché diventino soprattutto madri, non importa quale prezzo da adulto toccherà loro pagare. Regalare ad una bambina una bambola equivale ad una pistola giocattolo, è educare alle armi, è insinuare nella loro psiche un binomio indissolubile: donna vuol dire madre". Sandra Verda.


"Ci furono momenti di grande tensione e capii che quello non era il mio modo di essere libera, il rapporto con le donne che hanno scelto di non avere figli non è sempre stato facile: nonostante alcuni libri abbiano provato a raccontare la scelta di non maternità, mi pare che ci sia ancora molto da dire, perché penso che non sia stata, e non sia mai, una scelta totalmente indolore, per mille motivi. " Laura Cima


Quadro Maternità di Gaetano Previati, 1890.





















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