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La Complessità.


Bansky. Street Art.

La mia formazione sistemica relazionale mi insegna che le cose familiari sono complesse. Lo sono sempre, complesse e in relazione tra loro.

Sono la sorella maggiore di 7.

Ci sono io, Luilei, Filippo, Federica, Christian, Alexandra e Jenny.

Io sono io, niente da dire.

Filippo e Federica sono i miei amori. Sono gli Amori, quelli che ami visceralmente, con i quali ti picchi alla grande finché non diventi alto della stessa misura. Quelli che crescono con te come fossero una parte dentro di te. Crescono che non te ne accorgi nemmeno, insieme ai giorni normali che fanno il futuro. Anche Luilei è un Amore. Lo abbiamo amato senza saperlo. Tiene il suo spazio nel disegno della mia famiglia perché ogni attimo di vita annoda un’anima al nostro cuore.

Christian arrivò da noi perché la sua casa prese fuoco. Aveva uno zaino piccolo piccolo e una lacrima enorme incastrata in gola. Prese un letto nella stanza di Federica, che quel letto sembrava tenuto lì, apposta per lui, da sempre. Christian, prima non parlava, poi non la smetteva più. Le persone non lo capivano bene come mai, di punto in bianco, mi arrivò un fratello grande come un ragazzino e non piccolo come un’anima. Tant'è che in quegli anni ci stringemmo in auto, quando dovevamo andare e ci capimmo in silenzio, quando dovevamo tornare. Che poi Christian un papà e una mamma li aveva. È che erano troppo impegnati a curarsi il cuore. Si impegnavano di brutto, secondo me, speravano di asciugare quella lacrima enorme incastrata nella gola del loro bambino.

Alex adesso fa la mamma a tempo pieno. Ma quando la vidi per la prima volta teneva stretta la mano della sua sorellina vera. Quattro occhi azzurri come l’oceano, dentro, solo tsunami. Conto le sere sdraiate sul fianco a cercare il buon sonno, favole di tramonti arancioni, maree e conchiglie nel bagnasciuga, lampade magiche e tesori d’oriente. Le conto e le riconto, ma non trovo ancora il numero complesso della serenità. Belle loro, come principessine russe alla corte degli zar. In nessun libro le occhiaie e la paura così ben descritte. Che paura hai sorellina? Di essere dimenticata. Un po’ da Mario, un po’ in cantina, un po’ sotto la montagna di vestiti venuti giù dagli armadi.

È così che siamo stati in 7, in 9 se conto bene. Aggiungo mia mamma e mio papà. Che poi, ora, sono diventati nonna Anna e nonno Lino. Sono nati i nipoti e a quel punto la complessità ha confuso i titoli. La complessità di questa specie di villaggio che è stata la mia vita. Che è la mia vita. La complessità dei nodi e degli intrecci eterei che fanno sentire le cose e le persone, famiglia. Come se famiglia fosse quel sistema complesso di fili elettrici, pieni di vita, che portano luce e fanno vedere al buio, si, ma anche bruciare e rompere. E adesso prendo il foglio e disegno la mia famiglia. Come fossi una bambina rotta anche io. Che un po’ rotta poi, lo sono davvero. E su quel foglio ci metto dentro tutti, si, proprio tutti. Perché di anime annodate al cuore ce ne sono state molte. E di lacrime incastrate in gola, pure. Non tutte chiamate “affido familiare”.

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